Marco Nessi - 21/03/2025
La riapertura dei termini per il riversamento volontario del credito R&S rappresenta un’ulteriore possibilità per le imprese di sanare eventuali utilizzi indebiti del credito d’imposta. La decisione di aderire dovrà essere ponderata alla luce di tutti gli aspetti fiscali, finanziari e legali coinvolti.
Il Decreto Legge 14 marzo 2025 n. 25 ha introdotto una nuova proroga per il riversamento spontaneo dei crediti d’imposta per ricerca e sviluppo indebitamente utilizzati. La scadenza per aderire a questa procedura, originariamente fissata al 31 ottobre 2024, è ora posticipata al 3 giugno 2025. Questa estensione consente alle imprese di regolarizzare la propria posizione fiscale senza incorrere in sanzioni o interessi, ma pone anche alcune criticità operative da considerare attentamente.
Il meccanismo del riversamento volontario è stato introdotto dall’articolo 5, commi 7-12, del DL 146/2021, con l’obiettivo di consentire alle imprese che hanno fruito del credito d’imposta per ricerca e sviluppo in modo erroneo, ma senza intenti fraudolenti, di restituire il credito indebitamente utilizzato evitando conseguenze sanzionatorie e penali. Secondo la disciplina vigente:
L'adesione alla procedura è preclusa nel caso in cui il credito sia stato ottenuto mediante frodi, operazioni simulate, fatture false o documenti non veritieri.
La proroga introdotta con il DL 25/2025 estende ulteriormente i termini per aderire al riversamento, stabilendo che:
Se il credito è già stato oggetto di atti di recupero definitivi, il riversamento dovrà avvenire obbligatoriamente in un’unica soluzione entro il 3 giugno 2025.
Una delle novità più rilevanti introdotte con questa proroga riguarda il rapporto tra il riversamento volontario e i procedimenti giudiziari in corso. Infatti, per i crediti che sono oggetto di atti di recupero o provvedimenti impositivi già impugnati, l’adesione alla sanatoria è possibile solo a condizione che il contribuente rinunci al contenzioso entro il 3 giugno 2025. Questa previsione crea una scelta delicata per molte imprese che hanno avviato ricorsi contro le contestazioni dell’Agenzia delle Entrate. Infatti, rinunciare al contenzioso significa accettare il riversamento come soluzione definitiva, ma senza garanzie che eventuali rilievi dell’Amministrazione finanziaria non possano emergere successivamente.
Inoltre, l’adesione alla sanatoria non tutela il contribuente da future contestazioni, nel caso in cui l’Agenzia delle Entrate dovesse accertare successivamente l’esistenza di condotte fraudolente o l’assenza di documentazione idonea a giustificare il credito d’imposta originariamente richiesto.
Infine, un altro aspetto significativo della proroga riguarda la modifica dei termini di accertamento per i crediti di imposta relativi agli anni 2016 e 2017. L’articolo 5, comma 12, del DL 146/2021 stabiliva inizialmente una proroga di un anno per la notifica degli avvisi di recupero e degli atti impositivi. Con la modifica introdotta dal DL 25/2025, il termine di accertamento viene esteso a due anni, dando all’Agenzia delle Entrate un periodo più ampio per contestare eventuali utilizzi indebiti del credito. Questa proroga rappresenta un fattore di rischio per le imprese che hanno fruito del credito nei suddetti anni, in quanto aumenta il periodo in cui l’Amministrazione finanziaria può procedere a verifiche e contestazioni.
Si segnala che, a differenza di precedenti proroghe, il nuovo decreto non modifica l’articolo 1, cc. 458-460, della Legge 207/2024, che prevede il riconoscimento di un contributo in conto capitale a favore dei soggetti che aderiscono alla sanatoria. Tuttavia, i dettagli operativi e le modalità di erogazione di questo beneficio restano ancora da chiarire.