Novità fiscali per i fringe benefit ai dipendenti
La Legge di Bilancio 2024[1] ha previsto per il 2024 una nuova soglia temporanea di non imponibilità dei fringe benefit, fissata a euro 1.000 per tutti i dipendenti e a euro 2.000 solo per i dipendenti con figli a carico[2].
Si riportano di seguito gli elementi principali della disciplina e le novità previste per il 2024.
Ambito soggettivo
Sono destinatari dei fringe benefit i titolari di reddito di lavoro dipendenti e di redditi assimilati per i quali il reddito è determinato secondo le disposizioni contenute nell’art. 51 del TUIR[3].
Ambito oggettivo
Con il termine fringe benefit vengono individuati i beni e servizi forniti al dipendente, diversi dalle somme in denaro[4].
Sono esempi di fringe benefit:
- le auto aziendali concesse in uso promiscuo ai dipendenti;
- i prestiti ai dipendenti;
- i fabbricati in uso ai dipendenti;
- gli smartphone e computer concessi in uso promiscuo;
- gli omaggi natalizi;
- i buoni spesa e i buoni carburante.
Incremento della soglia ordinaria e ampliamento dell’ambito oggettivo
Limitatamente al 2024, la soglia di esenzione[5] è incrementata:
- per i dipendenti senza figli a carico, da 258,23 a 1.000 euro;
- per i dipendenti con figli a carico, da 258,23 a 2.000 euro.
Figli fiscalmente a carico
Ai fini della norma in esame rilevano i dipendenti con figli fiscalmente a carico ai sensi dell’art. 12 comma 2 del TUIR.[6]
Posto che le condizioni di figlio fiscalmente a carico deve essere verificata con riferimento al 31 dicembre di ogni anno, nella specie, trattandosi di un’agevolazione spettante per il solo anno 2024, occorre verificare il superamento o meno del limite reddituale alla data del 31.12.2024.
Il lavoratore dovrà fornire al datore un’autodichiarazione in cui attesti di avere diritto a fruire della soglia di 2.000 euro per il 2024 indicando il codice fiscale dei figli fiscalmente a carico.[7]
In caso che entrambi genitori siano percettori di reddito da lavoro dipendente, ogni genitore, anche in presenza di un unico figlio purché fiscalmente a carico di entrambi[8], potrebbero fruire della soglia di 2.000 euro per un totale quindi di 4.000 euro a famiglia.
Superamento dei limiti annuali
Nel caso in cui il valore dei beni o dei servizi prestati, nonché le somme erogate a rimborso, superi le soglie di 1.000 o 2.000 euro, a seconda della tipologia di dipendente, il datore di lavoro dovrà assoggettare a tassazione l’intero importo corrisposto inclusa la quota inferiore a tali limiti.[9]
Ad esempio, nel caso di dipendenti senza figli a carico, qualora il valore fosse corrisposto fosse pari a 1.300 euro, l’importo che concorre a formare il reddito di lavoro dipendente è pari a 1.300 euro (non quindi solo per l’eccedenza di 300 euro rispetto al limite di 1.000 euro)
Estensione alle somme relative alle utenze domestiche e all’affitto/interessi prima casa
La norma in commento amplia, per tutti i dipendenti (con o senza figli a carico), l’ambito oggettivo di applicazione.
Viene infatti previsto che non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente nei limiti di cui all’art. 51 del TUIR, le somme erogate per il pagamento:
- delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale;
- delle spese per l’affitto della prima casa ovvero per gli interessi sul mutuo relativo alla prima casa.
Utenze domestiche
Sulla base della norma e dei chiarimenti forniti, le sole utenze agevolate devono ritenersi quelle di acqua, luce e gas[10].
Le utenze devono riguardare gli immobili ad uso abitativo posseduti o detenuti, sulla base di un titolo idoneo[11] dal dipendente, dal coniuge o dai suoi familiari, a prescindere che negli stessi abbiano o meno stabilito la residenza o il domicilio, a condizione che ne sostengano effettivamente le spese.
Rilevano anche le utenze ad uso domestico intestate al condominio che vengono ripartite tra i condomini[12].
Spese per l’affitto prima casa o per gli interessi sul mutuo prima casa.
L’art. 1 co. 16 della L. 213/2023, per la prima volta e per tutti i dipendenti, ha incluso nella soglia di non imponibilità dei fringe benefit anche le somme erogate o rimborsate ai lavoratori dai datori di lavoro per il pagamento:
- delle spese per l’affitto della prima casa
- ovvero per gli interessi sul mutuo relativo alla prima casa
In base ai chiarimenti forniti con la recente Circolare n. 5, con riguardo alle spese per l’affitto, devono riferirsi al canone risultante dal contratto di locazione regolarmente registrato e pagato nell’anno.
Mentre sempre in base alle indicazioni contenute nella citata Circolare, per quanto riguarda il concetto di prima casa si deve fare riferimento alla nozione di “abitazione principale” prevista per l’applicazione delle detrazioni di cui agli artt. 15 comma 1 lettera b (interessi passivi per mutui)[13] e 16 (canoni di locazione) del TUIR.
A tal fine, rilevano le risultanze dei registri anagrafici o l’autocertificazione del dipendente effettuata ai sensi dell’art. 47 del DPR n.445 del 2000, con attesti che la dimora abituale sia diversa rispetto a quanto indicato nei registri anagrafici.
Giustificativi di spesa da acquisire
Il datore di lavoro, nel rispetto delle diposizioni relative alle protezioni dei dati personali, deve acquisire e conservare, per eventuali controlli, la relativa documentazione per giustificare la somma rimborsate[14].
In alternativa, può acquisire una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, ai sensi del DPR 445/2000, con la quale il lavoratore attesti di essere in possesso della suddetta documentazione comprovante il pagamento dell’affitto, delle rate del mutuo o delle utenze domestiche, di cui riporti gli elementi necessari per identificarle, quali ad esempio per quest’ultima tipologia:
- il numero e l’intestatario della fattura (e se diverso dal lavoratore, il rapporto intercorrente con quest’ultimo);
- la tipologia di utenza;
- l’importo pagato;
- la data e le modalità di pagamento.
Resta fermo che tutta la documentazione indicata nella predetta dichiarazione sostitutiva deve essere conservata dal dipendente in caso di controllo da parte dell’Amministrazione finanziaria.
Dichiarazione di non rimborso da altri datori per le medesime spese
In ogni caso è sempre necessario per il datore di lavoro acquisire ulteriore apposita dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà che attesti la circostanza che le medesime spese non siano state oggetto di richiesta di rimborso, totale o parziale, non solo presso lo stesso datore di lavoro, ma anche presso altri[15].
__________________________________
[1] L’art. 1, commi 16 e 17, della Legge n. 213 del 30.12.2023, in vigore dal 1° gennaio 2024.
[2] L’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 5 del 07/03/2024, ha fornito i primi chiarimenti sulle novità introdotte e confermato, laddove compatibili, le indicazioni già fornite con le circolari 23/E/2023 e 35/E/2022.
[3] Ai sensi dell’art. 51, co. 3 del TUIR per la determinazione del valore dei fringe benefit bisogna fare riferimento ai beni ceduti e ai servizi prestati al coniuge del dipendente o ai suoi familiari.
[4] Per le erogazioni in denaro resta applicabile il principio generale secondo cui qualunque somma percepita dal dipendente in relazione al rapporto di lavoro costituisce reddito di lavoro dipendente, ad eccezione delle esclusioni specificatamente previste.
[5] Ai sensi dell’art. 51 del TUIR non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati se, complessivamente, di importo non superiore a 258,23 euro nel periodo d’imposta.
[6] In base a tale disposizione sono fiscalmente a carico: i) se non superano i 24 anni di età e se hanno percepito nell’anno un reddito complessivo annuo pari o inferiore a 4.000,00 euro al lordo degli oneri deducibili; ii) se superano i 24 anni e se hanno percepito un reddito complessivo annuo non superiore a 2.840,51 euro, al lordo degli oneri deducibili.
[7] Circolare Agenzia delle Entrate 01.08.2023 n. 23
[8] Come chiarito dalla Circ. Agenzia delle Entrate 01.08.2023 n. 23 in relazione alla misura per il 2023, per analogia del tenore della norma applicabili a quelle per il 2024, dato che il testo normativo non pone limiti specifici, sempreché i figli possano essere considerati fiscalmente a carico di entrambi.
[9] Cfr. anche circ. Agenzia delle Entrate 01.08.2023 n. 23
[10] Cfr. circ. Agenzia delle Entrate 4.11.2022 n.35
[11] Proprietà o altro diritto reale, ovvero detenzione a titolo di locazione o comodato d’uso (cfr. circ. Assonime 28.11.2022 n.29)
[12] Cfr. circ. Agenzia delle Entrate 4.11.2022 n.35
[13] In materia di detrazione per interessi passivi per mutuo ipotecario, ai sensi dell’articolo 15, comma 1, lettera b), del TUIR, per abitazione principale si intende quella nella quale il contribuente o i suoi familiari dimorano abitualmente. Fra i vari documenti di prassi in materia, con la circolare 19 giugno 2023, n. 14/E, pag. 102, Interessi per mutui ipotecari per l’acquisto dell’abitazione principale (Rigo E7) “Definizione di abitazione principale”, è stato precisato che per abitazione principale del contribuente “si intende quella nella quale il contribuente o i suoi familiari dimorano abitualmente
[14] Cfr. circ. Agenzia delle Entrate 4.11.2022 n.35
[15] Cfr. circ. Agenzia delle Entrate 4.11.2022 n.35 e 7.03.2024 n.35

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