Con il Provvedimento dell’Agenzia delle Entrate del 31 dicembre scorso sono state fornite le istruzioni della nuova comunicazione preventiva, con la quale le piccole imprese italiane (in forma di ditta individuale) possono aderire al regime transfrontaliero di franchigia (esenzione) IVA loro dedicato. La comunicazione preventiva va inoltrata attraverso un’apposita procedura web disponibile sul sito Internet dell’Agenzia delle Entrate.
I soggetti interessati dal regime di franchigia IVA
A decorrere dal 1° gennaio 2025 le piccole imprese dell'Unione Europea stabilite in uno Stato membro UE diverso da quello in cui l'IVA è dovuta, possono usufruire del regime speciale di franchigia IVA (cioè di esenzione IVA) non solo nel proprio Stato membro di stabilimento, ma anche in altri Stati membri, nell'ambito del regime transfrontaliero di franchigia IVA.
Si evidenzia, al riguardo, che la normativa comunitaria prevede specificatamente che gli Stati membri dell'UE che hanno adottato un regime di franchigia IVA per le imprese minori, come ha fatto l'Italia, sono tenuti a concedere l'esenzione IVA anche alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi effettuate nel loro territorio (nel nostro caso l'Italia) da soggetti passivi IVA stabiliti in un altro Stato membro UE, in possesso dei requisiti per il regime di franchigia IVA.
Sebbene la norma comunitaria abbia previsto che questo speciale regime IVA sia applicabile (facoltativamente da ciascun Stato membro UE) a tutte le piccole imprese (che ne fanno richiesta), senza alcuna discriminazione in funzione della loro forma giuridica, il legislatore italiano ha ammesso al regime di franchigia IVA soltanto le persone fisiche, quindi tale regime IVA potrà essere scelto soltanto dagli operatori economici che esercitano nel nostro Paese attività d'impresa in forma di ditta individuale (D.Lgs n. 180/2024 di attuazione della Direttiva UE 2020/285).
Una piccola impresa stabilita in Italia ai fini IVA, costituita in forma di ditta individuale, sotto la soglia dei 100.000 euro di fatturato nell’UE, potrebbe quindi trovare beneficio nell'aderire al regime transfrontaliero di franchigia IVA, qualora effettui prestazioni di servizi B2C o B2B rilevanti ai fini IVA in Stati UE diversi dall'Italia, Paese in cui essa è stabilita.
La soglia di 100.000 euro va verificata con riferimento al volume d’affari nel territorio dell’Unione europea conseguito nell’anno civile precedente la comunicazione preventiva e nell’anno civile in corso e fino al momento di trasmissione della medesima comunicazione.
È il caso, ad esempio, anche delle vendite a distanza intracomunitarie di beni, soggetto all'IVA nel Paese UE di destinazione dei beni. Quindi, ove non sia superata la predetta soglia, una piccola ditta individuale italiana potrà effettuare operazioni localizzate ai fini IVA in un qualsiasi Paese dell'Unione Europea senza applicazione dell'IVA in quel Paese, semplicemente presentando in Italia un'unica comunicazione preventiva, che sarà, successivamente, inoltrata a tutti i Paesi UE di esenzione prescelti dal contribuente, che daranno riscontro in merito all'applicabilità del regime di franchigia IVA nei medesimi Paesi membri.
Si evidenzia che, se nel corso dell'anno viene superata la soglia di 100.000 euro di volume d'affari nell'Unione Europea, il regime di franchigia IVA cessa di applicarsi in tutti gli Stati di esenzione, dal momento del superamento della predetta soglia.
Condizioni di applicabilità in Italia dei regime di franchigia IVA da parte di operatori esteri
L’operatore estero che intende applicare il regime di esenzione IVA in Italia deve rispettare i requisiti dei soggetti forfettari (disposizione introdotta dal legislatore italiano, ma non contenuta nella disciplina comunitaria). Pertanto, è richiesto che il soggetto passivo estero, nel territorio dello Stato italiano:
- nell’anno civile precedente, non abbia realizzato un volume d’affari superiore a 85.000 euro (franchigia nazionale, nei limiti della norma comunitaria);
- non abbia sostenuto, nell'anno civile precedente, spese per un ammontare complessivamente superiore a 20.000 euro lordi per lavoratori dipendenti e collaboratori, comprese le somme erogate sotto forma di utili da partecipazione agli associati, o per altre prestazioni di lavoro non riconducibili a contratti di lavoro autonomo;
- non abbia percepito, nell'anno precedente, redditi di lavoro dipendente e redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, eccedenti l'importo di 30.000 euro (limite elevato a 35.000 ma solo per il 2025); la verifica di tale soglia è irrilevante se il rapporto di lavoro è cessato;
- non effettui in via esclusiva o prevalente cessioni di fabbricati o porzioni di fabbricato, di terreni edificabili, o di mezzi di trasporto nuovi;
- non partecipi a società di persone, ad associazioni o a imprese familiari, ovvero controlli direttamente o indirettamente società a responsabilità limitata o associazioni in partecipazione, le quali esercitano attività economiche direttamente o indirettamente riconducibili a quelle svolte dal medesimo soggetto passivo;
- non effettui operazioni prevalentemente nei confronti di datori di lavoro con i quali sono in corso rapporti di lavoro o erano intercorsi rapporti di lavoro nei due precedenti periodi d'imposta, ovvero nei confronti di soggetti direttamente o indirettamente riconducibili ai suddetti datori di lavoro, ad esclusione del soggetto che inizia una nuova attività dopo aver svolto il periodo di pratica obbligatoria ai fini dell'esercizio di arti o professioni.
Gli adempimenti del regime di franchigia IVA
Il soggetto passivo stabilito in Italia, ammesso al regime di franchigia in uno o più Stati UE di esenzione (sono gli Stati che ha indicato con la comunicazione preventiva), è tenuto a comunicare all'Agenzia delle Entrate, entro l'ultimo giorno del mese successivo a ogni trimestre civile:
- il valore totale delle cessioni e delle prestazioni effettuate nel corso del trimestre civile nel territorio dello Stato, oppure l'assenza di operazioni qualora non ne siano state effettuate;
- il valore totale espresso in euro delle cessioni e prestazioni effettuate nel corso del trimestre civile in ciascuno altro Stato membro, compresi gli Stati diversi da quelli di esenzione (cioè i Paesi in cui non applica il regime di franchigia IVA), oppure l'assenza di operazioni qualora non ne siano state effettuate.
Si evidenzia che, il soggetto passivo stabilito in altro Stato UE che ha richiesto al suo Stato di stabilimento di voler operare in Italia in regime di franchigia IVA, qualora non invii al proprio Stato di stabilimento le comunicazioni IVA trimestrali, perderà il beneficio del regime di franchigia IVA negli altri Paesi UE (e quindi anche in Italia). Pertanto, tale soggetto sarà tenuto ad identificarsi ai fini IVA in Italia (ovviamente se effettua nel nostro Paese operazioni IVA ivi territorialmente rilevanti), e a presentare quindi in Italia la dichiarazione annuale IVA e, se dovuta, ad assoggettare ad IVA le operazioni compiute.
Rapporti tra il regime di franchigia IVA e il regime OSS
Come chiarito nelle Explanatory Notes della Commissione Europea sul regime di franchigia IVA per le piccole imprese, il predetto regime di franchigia IVA e il regime OSS (One Stop Shop) possono coesistere.
Una piccola impresa, in possesso dei relativi requisiti, può, infatti, esentare dall'IVA le sue cessioni nell'ambito del regime di franchigia IVA nel suo Stato UE di stabilimento e/o in altri Stati UE di esenzione, registrandosi nel contempo al regime OSS per dichiarare cessioni e prestazioni localizzate ai fini IVA in Stati membri UE in cui il regime di franchigia IVA per le piccole imprese non è applicato.
Non è, tuttavia, possibile applicare, nello stesso Paese o giurisdizione, contemporaneamente il regime di franchigia IVA e il regime OSS. Inoltre, qualora una piccola impresa sia esclusa dal regime di franchigia IVA in uno Stato membro per aver superato la soglia annuale, o in ogni caso non applichi tale regime in questo Stato, dovrebbe verificare se possa invece applicare il regime OSS in tale Stato membro.

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